A parlar d’amore e d’altre faccende…

A parlar d’amore e d’altre faccende si finisce che poi il pubblico s’annoia. Questo guarda il cielo, quello pensa al mutuo, quell’altro si scava una grotta nel naso. E rimani a biascicar parole tutto solo, suoni senza significato, che neanche per te l’hanno più, a quel punto.
Volevo ben dire che l’importante sta nella storia, in come s’intersecano le strade, a dove corrono gli ometti e le donnette che ci metti dentro, alla fine che fanno, e come c’arrivano poi, alla loro fine.
Perché si tratta sempre di gente che nasce e che muore, ma che nel mezzo fa un gran casino, che non riesci più a sentire quella confusione dei tuoi pensieri che ascoltavi prima.
Che così chi ascolta si sente coinvolto, viaggia con te a duecentosessanta all’ora su quel pullman biturbo impazzito che si porta via tutti, e avanti, insieme a gridare quando il jet precipita avvitandosi sul monte Sinai o a schifarsi di quel brufolo che esplode mentre ti stai facendo la barba e schizza di bianco lo specchio che più sporco non si può.
E’ questa cosa qui che sto pensando, e non so se giusta o sbagliata, mentre scrivo su ‘sto computer un po’ scassato, che un po’ funziona e un po’ no. Scrivo, penso, e guardo i pesci nell’acquario, non so in che ordine, mentre entra nella stanza questa donna un po’ ragazza che vive con me e che io amo, sì perché d’amore bisogna pur parlare in questa cosa o storia che butto giù.
Mi guarda, anche lei, e io la guardo, guarda i pesci nell’acquario, guardo i pesci nell’acquario. Che così non so più che cosa stavo scrivendo, a che cosa stavo pensando. E allora rileggo.
A parlar d’amore e d’altre faccende…
- Che fai? -, mi fa.
- Scrivo -, le faccio.
- Scrivi?
- Scrivo e penso.
- E poi?
- E poi scrivo.
- Ah.
Scivola via verso i vasi, le violette, i gerani che salgono, i gerani che cadono, sul balcone.
A parlar d’amore e d’altre faccende…
- Sì, ma che scrivi? -, mi fa tornando.
- Non so, devo rileggere.
Mi guarda un po’, con quella sua faccetta che fa quando studia di là in soggiorno, e io sto di qua e scrivo o leggo e penso e poi scrivo fin quando arriva lei, che mi guarda un po’ così e mi parla.
- Ma cose belle o cose brutte?
- Mhm?
- Scrivi cose belle o cose brutte?
Si sporge sulla mia spalla con gli occhiali sul naso e quella curiosità annoiata che le vedo dentro agli occhi.
- Aspetta che salvo -, le faccio, - non si sa mai.
Che il suo giudizio porti male non so dirlo, vabbè, ma è sempre meglio cautelarsi.
Così vanno, quegli occhi che mi han fatto innamorare, qui ci sta bene un po’ di miele, no?, vanno qua e là, dall’alto in basso, da sinistra a destra, che io non so se guardare il monitor, i pesci che mi stanno guardando anche loro, i gerani sul balcone o la faccia che fa.
Fa una faccia che non so. Guardo lei, sì, mi avete beccato, perché i pesci mi fanno pensare che gli devo cambiar l’acqua, e mica c’ho tutta ‘sta voglia, i gerani sono assetati, ma oggi tocca a lei bagnarli, e poi son curioso, insomma, di vedere la faccia che fa.
E però non capisco.
- Beh? -, le faccio.
- Sissì.
- Sissì cosa?
- Boh, non so -, mi dice, che è già in corridoio e tenta di chiudersi dietro la porta del
soggiorno, che io le sto dietro e tengo la porta, lei si siede davanti ai suoi libri, io mi siedo davanti a lei.
- Boh cosa?
- Ma la storia dov’è? -, mi fa.
E mi pare stizzita, quasi offesa di aver perso del tempo dietro a ‘ste parole che mi son messo a scribacchiare, mentre lei c’ha da studiare, sul serio, mica minchiate.
- Ho appena iniziato -, le faccio, - la storia incomincia quando deve incominciare.
Che poi, missà che quello stizzito son io.
M’infilo in cucinino e acchiappo dal frigo quel vasetto di marmellata un po’ liquida e scura, di albicocche, che ha fatto mia zia e il pane, di ieri, vabbè, semintegrale e biologico. Così non la guardo, mentre inizio a spalmare, o meglio, a far colare, mentre lei parla, e io non la vedo, ma ascolto.
- Ma quando inizi a scrivere, dovrebbe iniziare la storia…
Non so che dire, così mordo e mastico e mando giù, con tutti quegli zuccheri che mi scaldano le guance, la pancia e che mi fanno salire la temperatura nella testa. Che caldo che fa, oggi, però.
- Tu, invece, inizi sempre con qualche pensiero che ti rigiri in testa, e poi da lì fai partire
l’azione.
Viene anche lei in cucinino e mi prende il cucchiaino dalla mano e lo immerge con quel fare goloso che ha in questi frangenti, e, lentamente, con quella lentezza appiccicosa che ci mette lei quando si tratta di marmellata, ricopre il pezzo di pane, che avevo strappato io, prima, per me.
- Quando parti, poi, con la storia, perché a volte resti fermo al via, e hai già finito di
scrivere.
Me lo dice puntandomi il cucchiaino che mi cola proprio davanti al naso.
Metto un bicchiere sul lavandino, prendo il succo-misto-yogurt dal frigo e lo verso. Se lo beve lei, perché c’ho le mani occupate dal cartone di succo-misto-yogurt e un pezzo di pane e marmellata che devo ancora inghiottire.
- Eddài, è ingiusto quel che dici -, le faccio.
Mi prende il pezzo di pane e marmellata di mano e lo inghiotte, lei, con un solo movimento, veloce, con quello scatto che a volte mi stupisce, in certi suoi movimenti di attacco.
- Ci sono personaggi definiti, nelle mie storie -, faccio, mentre mastica e mi ascolta, forse mi
ascolta, - gente che saltella qua e là, che sbatte la testa e s’incazza e urla e fa un sacco di cose, insomma, mica troppe elucubrazioni pallose e sonnecchiose, dai.
- Sissì -, beve un po’, - sissì, un po’ vero quel che dici…
- Ma?
- Ma a volte…
- … a volte?
- A volte mi annoi.
- CHECCOSA? -, non ci posso credere.
- Massì, non sei mica Pennac, quante storie...
- PENNAC?
Aggancio il bicchiere vuoto con la mano, lo riempio e bevo, era ora, lo riempio ancora e bevo ancora. Prendo fiato e dico:
- Insomma Pennac è Pennac, io sono io, un telegrafista è un telegrafista, un elefante è un
elefante, una mucca è…
- Uffaaa, cheppalle. Devo studiare, dai.

Son di nuovo qui che guardo ‘sti pesci che mi guardano. All’inizio erano in due, ‘sti pesci, e non avevano neanche una casa tutta loro. Un’acquario, voglio dire, ce l’avevano prestato. Ma poi siamo andati a comprarlo, l’acquario, piccolo, vabbè, di quelli in plastichetta, ma con tutto il suo bel fondale blu, la piantina sintetica, il buddah in meditazione, e quella conchiglia, presa sulla strada per Santiago, in Spagna, che poi non so che c’entri col buddah, vabbè. E c’hanno regalato questo terzo pesce, insieme all’acquario, diverso dagli altri due, che sono rossi e discreti, e questo è un po’ rosso, sulla testa, e poi grigio e puntinato di nero, con quelle pinne, o alucce, non so, molto più lunghe, e belle, insomma, un vanitoso.
Che poi, forse, scrivere, farsi leggere, e tutto quanto è solo un fatto di vanità. Un po’ come dire, io c’ho le ali più lunghe, guardate, come volo alto. Non so. E’ proprio uno schifo messa così. Me ne rendo conto. Ma poi ci sono dei pensieri da trasmettere, anche, e mica posso attaccarmi al telefono e chiamare tutti quelli che conosco per dirgli quello che penso su certe questioni. Non si può. Ma potrei mandare delle belle mail, in giro, a gente che conosco, a gente che non conosco, acchiappando gli indirizzi un po’ qui un po’ là. Come fanno quelli che ti vogliono vendere delle cose, con la pubblicità. Potrei vendere parole e idee e pensieri, a gratis, però, mica a pagamento. Forse è questo il punto. Che poi la gente, le cose a gratis, non le apprezza. Anzi, le accumula e le butta via, come tutti quei premi che ti danno con le raccolte a punti. Diventano pazzi per le raccolte a punti, e si riempiono la casa di insalatiere, borsoni, svegliette, tazze, tazzine e giubbotti. Che poi non hanno più spazio in casa e buttano tutto, o lo danno alla caritas. Questo è il punto: quando la gente ha la casella postale piena di mail, butta via un po’ di cose, e figurati, il tuo pezzo che gli arriva a gratis è il primo a finire nel cestino. E non si può mica donarlo alla caritas.
Un libro rimane, invece. Qualcuno lo compra, che poi se lo paghi ci tieni e lo metti sulla libreria, che sta anche bene, fa arredamento. E qualcuno incassa, che così dai anche una bella mano all’economia.
E gli alberi abbattuti per fare la carta?
Oddio, non ne esco più.
Vediamo un po’ che si può fare qui, dai:
A parlar d’amore e d’altre faccende…
Missà che mi è finita la poesia. Son ancora al palo e non so più che scrivere. Missà che c’ha proprio ragione lei, che ha mollato i libri sul tavolo e si sta facendo la doccia, con tutta quell’acqua calda che gira, assieme al contatore della corrente.
Ancora un po’ dai, proviamo:
A parlar d’amore e d’altre faccende…
- Amoreeeee… -, la sua voce dal bagno.
- Eeeeh, checc’èèèè?
- Vieni un attimooo…
Così ci vado, in bagno, nella doccia, a passi lunghi, a sentir cosa vuole, ci vado perché soggià cosa vuole e cosa faremo succedere, adesso, insieme, io e lei, in questo racconto d’amore che finisce proprio adesso che arriva il più bello.
Dovrete restarvene fuori.
A parlar d’amore e d’altre faccende si finisce che poi il pubblico s’annoia.
Che volete?
Io non sto andando certo a sbadigliare, credetemi.

9 commenti:

Anonimo ha detto...

Bel esercizio di scrittura. Il racconto, o quel che è, mi è piaciuto. Devo dire che è una scelta coraggiosa affidare ad un pubblico un divertissement che ruota, appunto, su nulla di "concreto", come può esser la classica storiella. complimenti. Peterpan

Fabio Mazzoni ha detto...

caro peterpan,
mi sembra di riconoscere la tua firma, ma la forma e il contenuto del tuo commento contraddicono la mia ipotesi. il peterpan che conosco io di solito sa darmi grandi mazzate (costruttive, certo). Comunque, un saluto a te e, chiunque tu sia, tienimi d'occhio, presto ci saranno aggiornamenti.

Anonimo ha detto...

Bello.Bella confessione al pubblico. un rapporto franco di presentazione delle proprie idee, immerso in una caramellina al miele. complimenti, una bella scrittura

Fabio Mazzoni ha detto...

incasso e ringrazio.
nessuna riserva, Lancelot?

Anonimo ha detto...

essendo uno dei tuoi primi lavori, credo,nessuna critica per giovani ali.adesso sei grande ed hai spalle più grosse.

Sonia ha detto...

bella ristrutturazione del blog, complimenti! :-)

Anonimo ha detto...

oh, grazie!

Anonimo ha detto...

Perche non:)

Anonimo ha detto...

leggere l'intero blog, pretty good